Esce il 1° aprile 2016 “Azel”, il terzo album in studio della stella del desert blues Bombino. Reduce dallo straordinario successo mondiale del precedente album “Nomad” e del relativo tour – oltre 70 date solo in Italia fino ad arrivare al grande bagno di folla della Notte della Taranta – il cantante e chitarrista del Niger ritorna con 10 nuovi brani (più 3 bonus tracks) che segnano un’ulteriore evoluzione musicale e stilistica. Un feeling particolare quello con l’Italia, tanto da conquistare anche Jovanotti che affascinato dalla sua musica e dalla sua storia lo ha chiamato a collaborare nella canzone “Si alza il vento” contenuta nel recente album “Lorenzo 2015 cc”.
Annunciate le prime date del tour italiano: Il 14 maggio Bombino presenterà “Azel” alla Stazione Leopolda di Firenze per Fabbrica Europa per proseguire poi a Milano il 25 maggio al circolo Magnolia, l’11 giugno al Biografilm Festival di Bologna, l’1 luglio all’Anfiteatro del Venda di Galzignano (PD) per il Just Like Heaven Festival, il 14 agosto a Berchidda (OT) per Time in Jazz e il 16 agosto a Sassari, sempre nell’ambito di Time in Jazz.
Registrato lo scorso autunno a Woodstock – cosa non priva di significato per un artista che considera Jimi Hendrix e Carlos Santana due delle sue maggiori fonti di ispirazione – nello Applehead Studio per la Partisan Records, sotto la guida di Dave Longstreth dei Dirty Projectors (che prende il posto di Dan Auerbach dei Black Keys, produttore/mentore di “Nomad”) e mixato da David Wrench (per quattro volte vincitore del premio “produttore dell’anno” della BBC e già al lavoro con FKA Twigs, Caribou, Jungle, Charlie XX), “Azel” è anticipato dal singolo “Inar”.
Il tocco “occidentale” di Longstreth e la voce di “Mahassa” Walet Amoumene, cantante del gruppo Tuareg tutto al femminile Tartit e ospite del disco, danno nuova profondità alla musica di Bombino e la avvolgono di calore e colore, perfetto contraltare alla sua anima inquieta e ai suoi testi malinconici.
Stella del desert blues, Bombino è nato e cresciuto in Niger, ad Agadez, nel nord dell’Africa, nella tribù dei Tuareg Ifoghas, che lotta da secoli contro il colonialismo e l’imposizione dell’Islam più severo.
Nella sua lingua nativa, il Tamasheq, la parola Azel ha diversi significati: oltre ad essere il nome di un piccolo villaggio del Niger cui Bombino è particolarmente legato, significa soprattutto radici e, al tempo stesso, rami di un albero. Ancoraggio alla Storia e sviluppo verso nuove direzioni future.
Bombino suona in modo solare e colorato, sì, ma canta la sua nostalgia del deserto e la preoccupazione per un’identità minacciata che, tuttavia, per non estinguersi, deve comunque fare i conti con il mondo contemporaneo.
Bombino sarà in Europa e in Italia con il suo nuovo live da maggio ad agosto, con la promessa di replicare lo straordinario successo ottenuto 2 anni or sono con “Nomad”.
Attualmente è impegnato in un lungo tour negli Stati Uniti che finora lo ha visto trionfare in diversi club, festival e teatri come il celebre Apollo Theatre di New York, è stato tra i 10 artisti consigliati da Billboard all’SXSW di Austin dove si è esibito lo scorso 17 e 18 marzo ottenendo uno strabiliante successo di pubblico e critica.
TRACKLIST
1. Akhar Zaman (This Moment)
2. Iwaranagh (We Must)
3. Inar (If You Know The Degree Of My Love For You)
4. Tamiditine Tarhanam (My Love, I Tell You)
5. Timtar (Memories)
6. Iyat Ninhay / Jaguar (A Great Desert I Saw)
7. Igmayagh Dum (My Lover)
8. Ashuhada (Martyrs Of The First Rebellion)
9. Timidiwa (Friendship)
10. Naqqim Dagh Timshar (We Are Left In This Abandoned Place)
SCHEDA ALBUM
“We sit in an abandoned place/Everyone has left us/The world has evolved/And we’ve been abandoned.
The whole world has evolved/Why haven’t we?”
L’identità del popolo Tuareg, il ricordo delle prime rivolte in Niger negli anni ’90 quando Bombino era adolescente, l’amore perduto e il valore dell’amicizia: un incontro fra archetipi ancestrali e critica del mondo presente che si traduce in liriche cariche di emozione, speranza e sofferenza, come la vera anima blues richiede. Non c’è dubbio che sia la malinconia il sentimento dominante di “Azel”.
Un sentimento che nel nuovo lavoro di Goumar Almoctar, in arte Bombino, si declina in 2 grandi temi: l’amara consapevolezza di un’identità collettiva in crisi, della cultura di una comunità che si sgretola davanti al devastante impatto con la modernità della globalizzazione, da un lato; e, dall’altro, su un piano più individuale e intimo, il rimpianto di un amore perduto o mai incontrato. Sia un amore reale, quindi, o ideale. Poco importa. E’ questa l’ispirazione di fondo del singolo “Inar (If you know the degree of my love for you)” così come di altri brani come “Tamiditine Tarhanam (My love, I tell you)”, “Timtar (Memories)” o “Igmayagh Dum (My lover)”
Immagine metaforica e luogo dell’anima di questo sentimento dalla duplice valenza, il deserto. Lontano dal quale, ci si sente sperduti, distanti dalla propria casa. “Il deserto è il posto migliore in cui vivere, mi manca il soffio dei suoi venti/Durante la notte, le sue stelle illuminano il mio sguardo e mi rendono libero/Amici miei, mi manca la solitudine del deserto, lo sento nel mio cuore” sono i versi che accompagnano le note di “Tenere Assoufyigan (Desert’s loneliness)”, una delle 3 bonus track.
Una musica che all’ascolto sembra funzionare come le orme sulle dune, le montagne in mezzo al deserto o le stelle del cielo sahariano, punti di riferimento per i nomadi durante le lunghe traversate sulla sabbia, come si legge nel testo di “Iyat Ninhay/Jaguar – A Great Desert I Saw”.
“Azel” illumina così la coscienza di chi lo ascolta e segna un percorso, quello della possibilità di uscire dagli irrigidimenti culturali provocati dai conflitti in corso, pur mantenendo il rispetto delle identità e la tensione a far valere i propri diritti, argomenti cari da sempre al Jimi Hendrix del Niger. “Dobbiamo raddrizzare le nostre fondamenta/I nostri diritti sono stati cancellati per molto tempo/Dobbiamo lottare per la nostra cultura e la nostra terra” canta Bombino in “Iwaranagh (We must)”. Perché un conto è la malinconia, un conto è la rassegnazione: un sentimento estraneo a questo artista che trova nella difesa dell’identità tuareg l’orizzonte del proprio impegno, tema che ritorna chiaro in “Ashuhada (Martyrs of the First Rebellion)”.
Essere giovani Tuareg, in un mondo fagocitato da un incessante sviluppo tecnologico che tutto omologa è difficile oggi secondo Bombino, che a questo argomento dedica “Akhar Zaman (This Moment)”, il brano di apertura del disco ma che costituisce comunque l’urgenza più importante per il musicista e cantante di Agadez. Mantenere il passo della contemporaneità, investire le proprie energie in educazione e sviluppo ma senza distruggere la propria identità culturale e senza cedere al materialismo dilagante è il principale fattore di salvezza per il popolo tuareg. In questo connubio di tensione per l’innovazione e rispetto delle tradizioni, musica occidentale e sonorità nomadi, si concentra tutta la contemporaneità “glocal” di un musicista che, pur mantenendo il cuore ben fermo ad Agadez, sembra essere un cittadino del mondo, uno per cui la sua patria è il mondo intero. E di questi tempi, segnati da chiusure e regressioni, è importante ribadire certe posizioni.
BIOGRAFIA
Prima del 2009 Bombino era poco conosciuto al di fuori dell’Africa sahariana: il suo nome si poteva leggere sulle audio-cassette disponibili in quella regione e la sua musica si poteva ascoltare durante le collaborazioni con band locali. Negli ultimi anni ha iniziato ad avere un seguito più ampio. Ha riempito venue in Europa e negli Stati Uniti. Si è guadagnato le lodi di numerosi media, da Pitchfork a Fresh Air di NPR, il cui critico Milo Miles lo ha definito “un giovane performer con un carisma e un’ immaginazione tali da diventare la prima star tuareg”.
Nato e cresciuto in Niger, nella città di Agadez, Bombino fa parte della tribù tuareg, una popolazione nomade che discende dai Berberi del Nordafrica. Il popolo Tuareg ha combattuto spesso per la difesa dei suoi diritti contro il governo del Niger, costringendo più volte Bombino e la sua famiglia a fuggire. Durante uno di questi esili, alcuni parenti in visita dalle prime linee della ribellione lasciarono una chitarra e Bombino iniziò a capire come suonarla. In seguito studia con il chitarrista tuareg Haja Bebe che gli chiede di unirsi alla sua band: è in questo contesto che si guadagna il soprannome di Bombino – una lieve storpiatura della parola italiana “bambino”.
Negli anni dell’adolescenza trascorsi tra Algeria e Libia, gli amici di Bombino gli fanno scoprire – tra gli altri – alcuni video di Jimi Hendrix e Mark Knopfler, che guardano di continuo nel tentativo di imparare a replicare i loro lick. Bombino inizia a lavorare regolarmente come musicista e come pastore nel deserto vicino a Tripoli, trascorrendo molte ore da solo curando gli animali ed esercitandosi alla chitarra. Alla fine, ritorna in Niger dove continua a suonare con alcune band locali. Mentre cresce la sua leggenda, la troupe di un documentario spagnolo lo aiuta a registrare il suo primo album, “Guitars from Agadez Vol. 2”, che nel suo paese diventa anche un successo radiofonico. Nel 2009 Bombino incontra il filmmaker Ron Wyman, che aveva ascoltato una cassetta dell’artista mentre viaggiava nell’area di Agadez. Wyman rimane incantato dalla musica di Bombino e trascorse un anno a cercarlo, trovandolo alla fine a Ouagadougou, nel Burkina Faso, dove si era rifugiato dopo che due membri della band erano stati uccisi in una rivolta. Wyman inserisce Bombino in un documentario che sta preparando sui Tuareg e produce “Agadez”, il suo album solista del 2011. Parlando di “Agadez”, NPR Music loda “gli straordinari lick della sua chitarra”, mentre Pitchfork lo ha presentato come “bollente”. Ha detto la BBC: “[La musica di Bombino] nasconde il suo potere sotto un’ingannevole semplicità, con molti brani che si affidano a potenti jam, testi che parlano della lotta per l’unità e l’autodeterminazione o del desiderio che l’amore comporta”.
Il 2013 è l’anno di “Nomad”, il suo secondo album, prodotto da Dan Ayerbach dei Black Keys. E’ il disco che dona a Bombino la fama internazionale, grazie anche al lungo tour mondiale che ottiene uno straordinario successo. Solo in Italia oltre 70 date, fino ad arrivare al grande bagno di folla della Notte della Taranta. Rolling Stone lo inserisce fra i migliori 50 album di quell’anno.
Il 1° aprile 2016 esce “Azel”, terzo album in studio.